Ester e le promesse di Dio

Par Avventista Magazine

Una cosa che sognavo spesso da bambina era quanto sarebbe stato bello essere una principessa. Sognavo di indossare abiti sontuosi di seta e pizzo, sormontati da un diadema scintillante. Sognavo di svegliarmi senza responsabilità, andare ai balli e ballare con un bel principe. Immaginavo che la regalità fosse tutta sfarzo e glamour.

Con il passare del tempo, il mio desiderio di essere una principessa si è lentamente affievolito. La realtà era che non potevo svegliarmi ed essere una principessa o fare un corso su come esserlo. La regalità non era qualcosa a cui aspirare, a meno che non fosse nel regno dei cieli, ovviamente. Crescendo con le principesse Disney, è stato facile dimenticare che la regalità non è tanto un finale da favola, quanto una vita fatta di politica, responsabilità e drammi. C’è forse un modo migliore per descrivere la storia di Ester?

 

Ecco quello che sappiamo:

Ester si trovò nel cuore di una battaglia politica. Era una donna ebrea in terra straniera che salì al trono di Persia e dovette affrontare un’enorme sfida. Non entrò in una scarpetta di cristallo e non visse felice e contenta con il suo principe azzurro. Piuttosto, venne portata a palazzo dove la sua bellezza e purezza le fecero guadagnare il posto migliore nell’harem (cfr. Ester 2:9). Si può supporre che non sia stato un processo volontario, dato che fu portata al palazzo del re su ordine e per volontà di quest’ultimo (cfr. Ester 2:8). Non solo Ester fu portata via dalla sua famiglia, ma fu anche collocata in un ambiente estraneo e circondata da altre donne che non conosceva. Ora, a me piace descrivermi come una persona sicura di sé e socievole, ma se mi trovassi in questa situazione, potrei solo immaginare quanto sarebbe spaventoso e intimidatorio.

E, come se non bastasse, a Ester fu proibito di rivelare la sua nazionalità e il suo background familiare (cfr. Ester 2:10).

Da lì, passò un intero anno per prepararsi ad andare al cospetto del re. Dire che fu amore a prima vista può essere azzardato; tuttavia, dopo aver visto la sua bellezza e aver passato la notte con lui, egli fu attratto da lei più che dalle altre donne ed Ester conquistò il suo favore e la sua approvazione (cfr. Ester 2:16). Il re Serse, ignaro della sua ereditàebraica, la nominò regina prima di firmare l’annientamento di Ester e del suo popolo (cfr. Ester 3:10). Il piano mortale, ideato da Aman, uno dei più alti funzionari del re, era un atto radicato nel suo odio per il cugino di Ester, Mardocheo. Ester si trovò nel mezzo di questo pericoloso complotto, combattuta tra la vita che viveva come regina e il destino del suo popolo.

Quando Ester venne a sapere della potenziale scomparsa del suo popolo a causa dei piani di Aman, mise tutto in gioco. Si recò dal re senza ricevere alcun invito, ma con l’atteggiamento di “se muoio, muoio” (cfr. Ester 4:17). Ester sapeva di rischiare la morte, ma andò lo stesso. Questo momento fu una prova della sua fede e del suo carattere. Ester non era stata educata alla regalità e il peso della sua nuova posizione le pesava molto. Avrebbe potuto facilmente rimanere in silenzio, nascosta nella sicurezza del palazzo, ma la devozione per il suo popolo la chiamò a qualcosa di più grande. Mi viene da chiedermi: rischierei la mia vita per le mie convinzioni?

La prima risposta che mi viene in mente è sì, ma mi vengono in mente molte occasioni in cui è stato più facile rimanere in silenzio. Alle superiori frequentavo una scuola cristiana ed ero l’unica avventista del mio corso. Non ci facevo molto caso, visto che molti dei miei compagni erano comunque cristiani. Eppure, l’osservanza del sabato mi contraddistingueva in modo particolare. La gente si chiedeva perché andassi in chiesa il sabato e perché non trattassi il sabato come tutti gli altri giorni della settimana. Mi prendevano in giro e mi dicevano che sbagliavo. Come adolescente che voleva solo inserirsi, è stata un’esperienza scomoda che ha messo alla prova la mia fede: cercare di bilanciare la condivisione della mia fede e il mettermi in gioco con l’andare d’accordo con tutti. A volte, anche se non ero d’accordo su qualcosa, era più facile rimanere in silenzio.

Riflettendoci, ho pensato che fosse una questione di età. Ero giovane di età ed ero acerba nella comprensione di Dio e della Bibbia. Tuttavia, dopo aver trascorso gli ultimi anni all’università, questa scusa perde di credibilità. Ho trovato l’università un luogo molto laico e, quando si parlava di religione, il cristianesimo veniva messo in disparte. Le altre religioni popolari erano accettate e rispettate in contrasto con il cristianesimo. Ricordo i momenti in cui i miei coetanei prendevano in giro i cristiani e io avevo paura di correggerli e di difendere le mie convinzioni. Queste esperienze mi portano a chiedermi: rischierei tutto per il mio credo?

Oggi, nonostante questi casi che suggerirebbero il contrario, direi ancora di sì. Dio opera attraverso persone imperfette in modi incredibili. Molti personaggi si sentivano troppo deboli, timorosi e inadeguati, ma Dio non li ha abbandonati. Mosè temeva che il popolo non avrebbe creduto che Dio gli fosse apparso e sentiva di non poter parlare di fronte al faraone, ma Dio ha compiuto miracoli attraverso di lui e ha liberato il popolo dall’Egitto. Gedeone si sentiva troppo debole per salvare Israele da Madian, ma Dio lo rese un potente guerriero. Geremia credeva di essere troppo giovane per diventare un profeta, ma Dio operò attraverso di lui per realizzare il suo scopo. Giona si rifiutò di fare ciò che Dio gli aveva detto e scappò via; nonostante la sua disubbidienza, Dio lo usò per salvare il popolo di Ninive. Ester poteva aver paura di condividere le sue convinzioni. Si trovava in una posizione politica elevata in cui la sua fede sarebbe stata messa in discussione, ma Dio protesse il popolo ebraico e operò attraverso di lei per liberarlo dalla distruzione.

Anche se Dio non è menzionato in questa storia, era comunque presente. Come dice Mardocheo a Ester, “e chi sa se non sei diventata regina appunto per un tempo come questo?” (Ester 4:14), alludendo al fatto che Dio l’aveva messa in quella posizione per uno scopo ben preciso.

Come spiega Ellen White nel secondo capitolo di “Daughters of God”, Dio operò attraverso le donne, che scelse come sue rappresentanti, usandole per “ottenere grandi e decisive vittorie il giorno in cui la sua vita cambiò” (p. 45). Dio, in più di un’occasione, si è servito delle donne in tempi di difficoltà, portandole in prima linea e lavorando attraverso di loro per salvare le vite del suo popolo (cfr. p. 45). Sebbene Dio possa non essere menzionato in questa storia, attraverso Ester fu in grado di proteggere il suo popolo. Come spiega Ellen White, in un periodo di disperazione per il popolo ebraico, Ester e le donne al suo fianco, attraverso “il digiuno, la preghiera e un’azione tempestiva”, ottennero la salvezza per il loro popolo (p. 45).

Grazie al suo coraggio e all’intervento di Dio, il re accolse la sua richiesta e il popolo ebraico fu salvato dalla distruzione. Ester divenne uno strumento della volontà di Dio, lavorando nel mondo disordinato e imprevedibile della politica e del potere per sostenere il patto di Dio con il suo popolo, assicurandone la sopravvivenza. Quindi, dalle informazioni che leggiamo nella Bibbia su Ester, mi piace pensare che alla fine abbia avuto il suo “e vissero felici e contenti”.

 

 

Di Kiera Bridcutt, stagista presso Adventist Record.

Fonte: https://record.adventistchurch.com/2025/02/26/gods-promises-through-esther/

Traduzione: Tiziana Calà

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